GIACOMIN - In ozio. Noi vecchi, appunto per l'età, siamo a riposo; i giovani hanno poca volontà di lavorare. Capisco che i tempi, per certi mestieri, sono divenuti più difficili.
GIUSEPPINA - Sicché, per certi lavori, si stava meglio prima.
(Mentre gli uni parlano, gli altri ascoltano molto attentamente).
GIACOMIN - A secondo i casi. Una volta anche a noi fu dato filo da torcere da un baloss della terra di laggiù, angelo d'aspetto, demonio di fatti. Godeva proprio nel rovinar la gente.
GIUSEPPINA - Come rovinar la gente! Faceva il suo dovere, anche se con troppo zelo. Come si chiamava?
GIACOMIN - Non rammento bene il nome. Rammento che lo chiamavano Bimbo.
GIUSEPPINA - Il Bimbo! Ah! Ah! Lo ricordo anch'io. Era davvero un bel toss.
GIACOMIN - Sì, ma, ripeto, demonio.
GIUSEPPINA - Incontrandolo lo riconoscerebbe?
GIACOMIN - Difficile, dopo tanti anni. Ma sarà ancora in vita?
TINO - (che con Erio ha seguito il discorso, avvicinandosi) Ammettiamo, caro Giacomin, che sia ancora in vita, ed in questo momento in Valsolda, incontrandolo come ti comporteresti?
GIACOMIN - Chi lo sa. Risentimenti vivi proprio non ne ho. Ognuno allora faceva il proprio mestiere, nel miglior modo, con le sconfitte e con le vittorie.
TINO - Bravo. Ciò significa di ragionare bene. Ed ora ti dico che il Bimbo è ancora in vita, vegeto e non lontano da qui.
GIACOMIN - Ma davvero? Gl'è tornai ancora insci?
ERIO - (che intanto si è avvicinato) Sì, sono tornato ma non più per rubare i sacchi, nella santa ruberia.
GIACOMIN - Oh! Chi poteva credere di rivederla qui ed ancora in buone condizioni, nonostante il tempo passato. La rivedo proprio volentieri. (Si alza rispettoso e gli va a stringere la mano).
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