Umberto Adamoli
IL BIMBO DI ORIA
(Dramma in due tempi)


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     TINO - Altro vero dramma, degno di teatro.

     ERIO - Di teatro sì, ma di altri tempi. Non ne vogliono più sapere oggi di simili lavori. Gambe nude vuol vedere, con le nuove tendente, la nuova generazione, sui palcoscenici; movenze di seni e di fianchi, negli scomposti movimenti; trivialità nel linguaggio; urli epilettici nel canto; fracasso nelle orchestre di esotica barbara musica. In tutto oggi, nel mondo latino, è sovvertimento almeno per noi anziani di altro sentire, di altra scuola. Di quella scuola che ebbe a dare ai viventi, con i suoi uomini sommi, opere di perfetta eterna, bellezza.

     TINO - Mi pare, amico, che, contrariamente a certe regole, stiamo un po' troppo divagando.

     ERIO - E' vero, ma come si fa a seguire ordine in un dialogo tra due amici, che si riveggono dopo tanti anni e tanti eventi?


     TINO - (guardando verso l'ingresso, indica un uomo che entra, robusto ma avanti negli anni) Ecco uno dei nostri tempi, ben conosciuto per le sue ardite gesta di confine. Lo riconosci?

     ERIO - Non è facile riconoscere un paesaggio visto in fiore, rivisto sconvolto dalla bufera del tempo.

     GIUSEPPINA - (rientrando col vino) Come la va el mi Giacomin? Non si è fatto più vedere. Perché?

     GIACOMIN - Cosa la vuol, sciora Giuseppin. Si sta meglio lassù a Castelli, non molestata ancora da tante non piacevoli novità. Il mondo a quanto pare cammina verso il manicomio.

     GIUSEPPINA - Altri dicono che cammina, invece, verso il naturale progresso, verso la vera civiltà. A chi credere? Certo, anche noi di quaggiù rimpiangiamo il passato, la vita di serenità e di silenzio che si viveva in questa nostra Valsolda. Come vivono ora a Castelli?


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Umberto