Dopo, nel tumulto dei miei pensieri, ripresi, mesto, la via del ritorno. E con questo atto d'amore, da tutti ignorato, chiusi quel periodo della mia primavera, per andare verso l'estate, caldo di nuove ansie, di nuove fatiche, di nuove speranze.
GIUSEPPINA - Oh caro Signor, che mai ho inteso! Se tutto ciò l'avesse saputo Anita...
ERIO - Meglio, meglio che l'abbia ignorato. La momentanea fiammata aumenta sempre l'oscurità, entro la quale sfolgora. Ed ora dov'è?
GIUSEPPINA - Dov'è? Là, sulla strada di Albogasio, nel comune campo, all'ombra dei cipressi.
ERIO - (con ansia) Morta?
GIUSEPPINA - Sì, morta come Miranda.
ERIO - (molto commosso) Morta! Ecco la meta ultima, nella quale si trova il vero riposo, la tregua sicura di tutti gli affanni.
TINO - (che è tornato) Ho inteso e per Anita, della quale conosco la pietosa storia, si potrebbe dire, come il poeta disse di Miranda:
"Tace quel cor, nell'ultimo cimento
Da te, da te, solo da te spezzato".
Non è vero?
ERIO - Povera Anita! Andrò a deporre, nella mesta ricordanza, un fiore sul suo sfortunato amore. E Sofia... anche lei... sulla via di Albogasio?
GIUSEPPINA - No, ma come se vi fosse. E' in casa, a letto, paralizzata.
ERIO - Sventure sempre e sventurati su questa povera terra. Ed ora mi parli un po' di lei, della dolce triade.
GIUSEPPINA - Dolce triade!... Caduta anch'essa, come cadono i fiori, dopo la propria stagione. Ma basta in queste rievocazioni... come dire...
TINO - (che interrompe) Come dire, e non è cosa nuova, che la vita cammina, come nelle stagioni, ora nella festa della primavera, ora nella mestizia dell'inverno. Alternative sempre di riso e di pianto, di vita e di morte.
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