MILENA - Intanto, senza colpa alcuna, noi andiamo portando per il mondo pietà e fastidi.
SILVIA - Ma che dite, Milena. L'Italia, in questa vostra oscura ora, si sente onorata di dare a voi fraterna ospitalità.
PAOLO - Come ha sempre fatto nelle vostre tante sventure. Ma anche l'Italia, per maligno fato, ebbe a soffrire, per molti secoli, gli stessi vostri tormenti.
LUCIA - (che è andata alla finestra per osservare il movimento sulla strada, ad un tratto getta un grido).
PAOLO - (correndo con ansia verso di lei) Lucia...
SILVIA - (seguendo il padre) Mamma!...
LUCIA -(quasi balbettando) Mario.
PAOLO - Mario?
LUCIA - E' giù, nella porta.
(Tutti, presi da orgasmo, corrono ad incontrarlo. Dopo non molto rientrano).
LUCIA - (che abbraccia Mario) Figlio, figlio mio caro. Quanto ho sofferto.
MARIO - (mentre gli altri, avanzando, lo attorniano con tristezza) Non fossi mai nato, madre.
LUCIA - No, figlio, non bisogna andare contro la volontà del Signore.
MARIO - Quando si procura dolore, come il dolore che ti ho procurato, madre, meglio sarebbe stato se fossi rimasto nel mondo dei non nati.
PAOLO - (sempre con una certa severità) Sono inutili i pentimenti. Pensa piuttosto di vivere, d'ora innanzi, conformemente alle sagge leggi.
MARIO - Nella mia cecità, credevo di vivere bene.
RENATO - (mentre a mano a mano si mettono a sedere) Come avvenne il ravvedimento?
MARIO - Già ombre vagavano nel mio spirito, ombre benigne, quando giunsi in Ungheria.
RENATO - Sei stato anche in Ungheria?
MARIO - Vi ero accorso per aiutare le forze chiamate proletarie in lotta, come dicevano, contro gli oppressori. Ma rimasi profondamente addolorato quando mi trovai dinanzi a ragazzi, a giovanetti, a donne, a studenti, a operai che affrontavano con i sassi e con il canto i potenti carri armati sovietici, nell'ansia di libertà. Gettai, nel ravvedimento, le armi della violenza per impugnare, nel campo opposto, le armi della riscossa.
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