Umberto Adamoli
LA VOCE DELLE CARCERI
(Atto unico)


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     PAOLO - Sì, una funzione sociale e l'America, con il suo spirito rivoluzionario, l'ha capito, rendendo ai detenuti agiata, allegra, la vita.

     FRANCESCO - Lasciamo andare l'America con le sue sedie elettriche, con le sue camere a gas... bri...i...i... Che Iddio ce ne scampi e liberi. Spiegaci, invece, in che cosa consista, secondo te, la nostra funzione sociale!

     PAOLO - Intorno a noi, amici, vi è tutto un mondo in movimento. Noi carcerati, noi criminali procuriamo lavoro, procuriamo pane a migliaia, a migliaia di famiglie.

     CARLO - Noi lavoro... Noi pane...

     PAOLO - Sicuro e non capisco come ciò non si debba capire. Tutti s'accaniscono contro di noi quando dovremmo essere oggetto di particolare cura.

     FRANCESCO - Ti confesso che non sci capisco proprio nulla. Ma dimmi: il tuo cervello è ancora a posto?


     PAOLO - Meglio del tuo.

     CARLO - Ma anch'io ci capisco poco.

     PAOLO - Mi spiego meglio: state attenti. Non ignorate, certo, che vi sono preture, tribunali, corte d'assise, cassazione con una moltitudine di alti e bassi magistrati. Non ignorate che vi sono avvocati innumerevoli. Non ignorate ancora che vi sono carabinieri, guardie di pubblica sicurezza in grandissimo numero, con alti e bassi comandi e comandanti. Non potete ignorare finalmente i nostri angeli custodi. Non parlo poi di tutte le imprese, d'ogni maniera, che lavorano per noi.

     FRANCESCO - Dunque?

     PAOLO - Dunque, se non ci fossimo noi, con i nostri crimini, tutta questa brava gente andrebbe a spasso, con tutte le dolorose conseguenze politiche, economiche, sociali.


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Umberto