CARLO - A questo, te lo confesso, non avevo mai pensato.
PAOLO - La società, inoltre, che noi potremmo chiamare pure associazione a... basta, basta. Voglio dire che questa società, per conservare i propri privilegi, si serve di noi come spauracchio.
FRANCESCO - Non sei privo di fantasia e di buoni argomenti. Congratulazioni. Ma che dovrebbero concedere a noi oltre quel che ci concedono per farci vivere?
CARLO - (con un po' d'ironia) Te lo dico io. Piena libertà nell'interno dell'istituto; vitto scelto, come in famiglia; campo di giuochi; cinematografo, teatro; libera uscita.
FRANCESCO - E, per completare, un assegno giornaliero...
PAOLO - (interrompendo) Vi credevo più seri. Mi fate pena. D'altra parte a voi, che siete qui quasi di passaggio, non può interessare il problema delle carceri, come a noi, che ne siamo i veterani.
CARLO - Ma come intenderesti che si risolvesse questo problema?
PAOLO - Con lo spirito dei tempi nuovi. Siete proprio contenti del modo come qui ci trattano?
CARLO - Contenti! Contento, secondo la natura umana, non è mai nessuno, né qui, né fuori di qui, né povero, né ricco. Ma i penitenziari, con le loro severe leggi, sono penitenziari.
PAOLO - Leggi che appunto bisogna riformare, aggiornare.
FRANCESCO - E se non lo facessero?
PAOLO - Sciopero.
CARLO - (facendo un'altra risata). Sciopero?...
PAOLO - Sì, sciopero. Oggi, come sappiamo, tutte le quistioni si risolvono con lo sciopero.
FRANCESCO - E' vero. Ma noi, poveri reclusi, dalle unghie tagliate, che sciopero possiamo fare, lo sciopero della fame, forse?
|