Dopo non molto, il resto di quell'armata, forte di diecimila uomini, entrò anch'esso nel regno e andò a cingere d'assedio Civitella. Ma là, dove si conoscevano i dolorosi fatti di Campli, s'erano nel frattempo preparati per la forte difesa. E in questa difesa, per la scarsezza degli uomini, concorsero le donne, numerosissime. Esse, per nascondere il proprio sesso al nemico, vestirono da uomini e si tagliarono le trecce, dono di angeli, senza rimpianto, rimanendo sugli spalti insanguinati, sotto la pioggia dei proiettili di innumerevoli cannoni, ferme, serene, sorridenti. Il loro valore si innalzò alla bellezza dell'epopea una notte in cui, mentre infuriava uno spaventoso temporale, crollò una parte del bastione. I francesi, come favoriti dalla fortuna, sicuri di poter penetrare da quella breccia nella fortezza, vi si slanciarono. Ma le donne che vi vegliavano, imperterrite, li fracassarono con grossi macigni, fatti precipitare dall'alto.
L'eroico fatto fu consacrato, per la ricordanza, in un marmo, che i secoli non consumeranno. |