Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     Fa studiare adunque i figli e saremo da essi benedetti un giorno.
     Non so perché, spesso mi tornano alla mente le parole del mago di Nepezzano. Ho visto, certo, in Venezia la città che sorge dal mare, in Dalmazia i monti non nostri. Non ho visto ancora la colonna di marmo... Questi stregoni, con i gufi, i serpi, i vecchi logori libracci hanno un notevole potere profetico. Sarà quel che sarà. Qualunque siano gli eventi non potranno non essere da te accettati, con il consueto sereno spirito.
     Altra sorte doveva però esserti riservata, buona Cinzia. Talvolta il rimorso mi punge di aver legato la tua alla mia vita di bandito. Bandito però che ha fatto risuonare nella profondità del tuo animo una voce che altri, nei loro scialbi ozi non sarebbero stati capaci di far risuonare.

     Sono stato bandito è vero, e ne ho compiuto gli atti. Ma altri atti ho pure compiuti di sana rinomanza. E la mia giornata non è ancora finita.
     Se non dovessi tornare non disperare. Quando di maggio tornerai nella casa paterna va alla nota finestra e ascolta. Forse nelle voci che salgono dal giardino vi potrà essere l'antica voce, mestamente lirica.
     - Notte deliziosa, buona Cinzia. Anche il tuo nome è in armonia con la bellezza che ci circonda. Lirico nome. Notte da innamorati! -
     Ricordi? La luna, le stelle, la vita tramontano; ma la gloria non tramonterà che con l'ultimo raggio di sole, dopo il quale il mondo rientrerà nella eterna oscurità."

     Questo ed altro scriveva Giulio a Cinzia, con mestizia.



     Barbara a Santuccio:


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Umberto