"Marco Sciarra era vostro nonno?"
"Anzi bisnonno, questo re della campagna, come lo chiamavano. Ne sapete qualche cosa?"
"Certo. Venezia, nonostante i centro anni trascorsi, non lo ha dimenticato. E ricorda i suoi cinquecento uomini che andarono a immolarsi, per la repubblica, nella lontana insidiosa isola di Candia."
"Già. Ma il capo non poté essere alla spedizione e il mistero ne avvolge le ragioni e nasconde il nome di chi armò la mano che vigliaccamente lo uccise nel sonno."
"Mistero sino a un certo punto. La maledetta politica e la potenza di papa Clemente VII, nemico di vostro bisnonno, fecero commettere a Venezia una cattiva azione. Non è difficile intuire, di conseguenza, chi armasse la mano dell'assassino."
"Venezia forse?"
"No. Venezia ebbe il torto di licenziare dal suo servizio, per l'intervento del papa, il vostro prode bisavolo. Il pugnale, non di Venezia, fece il resto."
A questo punto il dialogo, che molte cose illuminava, era interrotto dalle allegre note degli organini e dai patetici canti della montagna, elevati nella notte di luna come una serenata al mare, che respirava appena nella sua distesa. Poi il sonno, cessato il canto, cadde sul naviglio e sul mare che rispecchiava nelle sue acque la luna e le stelle.
Tutti dormivano sul mistero delle acque, che cullavano le navi; non dormiva Santuccio che andava, col pensiero, lontano. Quanto diversa gli appariva la notte del mare dalla notte dei monti. Lassù mille suoni strani, mille voci misteriose e bisbigli di foglie, scrosci d'acqua, ululati di lupi; qui lo spazio non era riempito che dal respiro lieve delle acque, intorno al naviglio, nella notte illuminata.
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