Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


Pagina 36
1-10- 20-30- 40-50- 60-70- 80-90- 100-110- 120-130

[Indice]

     La luce del giorno cancellava già l'aurora quando essi apparvero, con donne e bottino, in lunga fila. Il grido di - Mani in alto - ferì sgradevolmente il loro orecchio, uso al rumore delle tempeste, mentre vedevano puntate su di essi cento canne di archibugi. Ma non se ne impaurirono e la loro reazione fu pronta, vivace, disperata.
     Le donne, tra le quali Cinzia, approfittando della confusione, tornarono alle loro case.
     Vi era nelle due parti, nell'offesa e nella difesa, uguale valore. I banditi avevano la superiorità del numero; i pirati, con le taglienti scimitarre, delle armi. Si elevarono dalla mischia feroce, con il rumore delle percosse, urli, imprecazioni, bestemmie. Si elevarono le grida, caddero gli uomini in pozze di sangue.
     Giulio Montecchi, il più terribile, il più prode, quantunque ferito, non lasciò il posto.

     Una scarica di archibugi, che giunse bene al segno, costrinse finalmente i pirati ad alzare le mani.
     Poco dopo le campane, che suonarono a festa, annunziarono alla contrada la bella vittoria. Furono successivamente, dalla pietà dei cittadini, raccolti i feriti e i morti. Ai tre italiani caduti furono resi solenni onoranze. Si discusse, invece, sulla sepoltura da dare ai non cristiani. Non erano essi, come dicevano gli uni, che predoni, non degni di commiserazione. Per gli altri erano sempre figli di Dio, anche se privi di battesimo della chiesa di Roma. E avevano normale sepoltura.
     I feriti, tra cui il Montecchi, per le eroiche gesta, erano stati accolti, e amorevolmente assistiti, dalle migliori famiglie.


[Pagina Precedente] - [Indice] - [Pagina Successiva]

Umberto