ERIO - Mi sono reso ben conto delle innovazioni nel vedere strade, alberghi, nuovi edifici, ritrovi lussuosi, che prima non c'erano. Come prima non s'udivano quelle chiassose orchestrine, ripetitrici di quella barbara musica, che ci giunge da barbare contrade, che eccitano a balli scomposti.
GIUSEPPINA - Non è più quella musica nostra, bella nei ballabili, nel canto, nelle sinfonie. Non più, nella nuova educazione, quelle serenate sul lago, al chiar di luna, che con tanta dolcezza penetravano nell'animo commosso.
ERIO - Non credevo di trovare anche qui tante novità.
GIUSEPPINA - Dobbiamo certo rimpiangere, noi di altro sentire, quei nostri cari tempi. Dico nostri, e mi scusi, perché anche lei deve avere i suoi annetti.
ERIO - Per lo meno, e non se ne offenda, quanto lei.
GIUSEPPINA - E perché me ne dovrei offendere? Gli anni passano, con inesorabile puntualità, per tutti. Il tempo soltanto non commette ingiustizie su un tale argomento, nell'ordine dei viventi.
Mi scusi, lei, a quanto pare, è stato già da queste parti.
ERIO - Sì... Si... Non vi sono nuovo.
GIUSEPPINA - In quale tempo...
ERIO - Quando appunto non vi era qui tanto sconvolgimento.
GIUSEPPINA - Pressa a poco?
ERIO - Quando i piroscafi passavano sul lago carichi di turisti e quando Antonio Fogazzaro, ancora sano e vegeto, veniva qua a raccogliere, nel dolce settembre, i canti che salivano, nel silenzio della notte, dalla mistica solitudine, dalle sospirose acque del lago. Spesso altri sacerdoti delle sacre Muse si univano a lui, nei rapimenti spirituali, ad elevare i canti.
|