GIUSEPPINA - (al fratello quando giunge, mentre Erio si alza). Una lieta sorpresa. E' in visita qui ad Oria un tuo amico.
TINO - (guardando con curiosità). Mio amico? (stringendogli la mano) - Non ricordo.
ERIO - Sì, amico.
TINO - Compagno di scuola?
ERIO - Eravamo certo amici un tempo e facevamo gite in barca qui ad Oria, e lungo le sue rive. (Si mettono a sedere).
TINO - (raccogliendosi in sé) Aspetti... La sua fisionomia non mi è nuova... Ma sì: tu sei il già Bimbo di Oria.
ERIO (abbracciandolo commosso). Sì, Tino, il già Bimbo di Oria, con il rammarico di non essere più tale.
TINO - Ma con la gioia delle mete raggiunte, non è vero? L'aspetto me lo dice.
ERIO - Mete raggiunte! Sì, ma in esse non ho trovato pace, come dicevo poco prima a Giuseppina. Ed oggi piango, amico, con il poeta del dolore, sulle illusioni, sulla vanità del tutto.
TINO - Povero, amico! Io, vivendo in ben altro modo, non spinsi mai lo sguardo, i desideri, oltre la cerchia di questi monti, e potrei dir meglio, oltre le sponde di questo nostro lago. Mai mi attrassero, con le false luci di false promesse, le rumorose, corrotte città del tempo nuovo. Aspiravo, con il titolo di ragioniere, al posto di segretario al nostro comune, l'ebbi e ne fui pago. Ed oggi, godo, con la mia famigliuola e con le mie pacifiche abitudini, il frutto del mio studio e delle mie fatiche.
ERIO - Beato te davvero, uomo fortunato. Ti dedicherai, senza dubbio, anche alla tranquilla pesca.
TINO - No, non pesco. Non voglio avere il rimorso di trarre a morte i pacifici abitatori del fluido elemento.
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