Umberto Adamoli
IL BIMBO DI ORIA
(Dramma in due tempi)


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     ERIO - Oh! Oh! San Francesco.

     TINO - Non nego di essere, nello spirito e negli atti, un suo seguace.

     ERIO - Con tutte le sue laude, nell'esaltazione di ogni cosa creata, non esclusa "sora nostra morte corporale". E' davvero di grande conforto, amico, di incontrare persone infiammate ancora delle sane concezioni del serafico poverello d'Assisi: oggi che tutto è sovvertito nel concetto di proprietà, di religione, d'arte, di razza, di patria e direi anche di cuore. Oggi che ancora poco contano, di fronte alla bruta forza della materia, le facoltà divine del genio, la divinità dello spirito.

     TINO - Possono essere giuste le tue osservazioni, ma non bisogna esagerare, né disperare. Tornerà, tornerà, dopo la burrasca, il bel tempo. Pur tra tanto torbido, rimane sempre quella scintilla, dalla quale si sprigionerà quella fiammata che darà nuova forza ai valori morali, ai valori spirituali, alla santità del genio. Bando, quindi, al deprimente pessimismo. Ma lasciamo ad altri questi spinosi argomenti e parliamo, in questo felice nuovo incontro, delle cose nostre?


     ERIO - Parlare di sè? Luci ed ombre, sempre, nella povera vita, sereno e tempesta. Qualche cosa ho già detto a tua sorella, che sa davvero ragionare, bene intendere. Che posso a te dire? La musica è sempre la stessa, che le salite, come quelle degli alpinisti, costano fatiche e sangue. Ben si è espresso Giuseppe Giacosa, su tale argomento, quando disse: "E prima di giungere al culmine agognato, Avrai le mani lacere e il viso insanguinato?"


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Umberto