GIUSEPPINA - Avventure che non mancano in questa nostra montagna, con i giovani della caserma, che la popolano.
PINA - Già, giovani pieni di fuoco, nella spensierata età, larghi di promesse...
GIUSEPPINA - Ne ricordi qualcuno in modo particolare?
PINA - (mentre parlano Erio segue attentamente il discorso) Come si fa. Ne sono passati qui tanti.
GIUSEPPINA - Eppure ce ne fu uno, quando noi eravamo ragazze, che fece girare la testa a molte figlie di Maria. Era davvero un bel toss.
PINA - (Dopo di essere stata un po' raccolta) Ah! Quello della povera Anita?
GIUSEPPINA - Proprio lui.
PINA - Per il quale anch'io ebbi qualche debolezza, nella mia ingenuità. Ma perché parlarne?
GIUSEPPINA - Così, per fare quattro chiacchiere.
PINA - Ma a quest'ora sarà all'inferno, a scontare le sue colpe.
ERIO - (a questo punto, a voce alta). Già, Tino, nel giuoco dell'inganno, vinsi io. Credeva la scaltra, d'accordo con i suoi amici notturni, di giocarmi con le sue moine, con le sue carezze e, diciamolo pure, con i suoi baci, fu invece giuocata lei e furono giuocati i suoi mal consigliati amici.
TINO - Spesso la povera donna è pedina nelle mani di uomini senza scrupoli. Pericolose, certo, sono le mani morbide che sfiorano il viso, come le labbra che sfiorano le labbra.
ERIO - Creando, in taluni casi, il romantico e il drammatico.
TINO - In che modo?
ERIO - Come è nel vivere, nella gioia e nella mestizia.
Romantico. Tiepida aria, nei verdi boschetti, nel sole estivo. Trilli d'insetti; canti d'uccelli; fruscii di foglie; lamenti lievi di acque, negli ombrosi valloncelli. Silenzio di uomini. Carezze, idillio di giovinezza, nella dolce dimenticanza.
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