Su i sentimenti della Doralice aveva modo di meglio assicurarsene quando una sera tornavano, in comitiva, dalla campagna. La notte aveva gią disteso le sue ombre nel piano, su i colli, su i monti. Il ruscello, che fiancheggiava la strada, entro il quale si riflettevano le stelle, mormorava flebilmente nel suo corso. L'ora d'intenerimento, in cui vibravano le gentili anime innamorate, li incoraggiava alle dolci confidenze, ai cari sogni. E sognarono. Ma l'amore, confermato in quella dolce sera, doveva rimanere, ancora per qualche tempo, nel segreto del loro cuore.
Intanto l'autunno scendeva dai monti con il suo freddo, la sua melanconia. Dopo la vendemmia, in ottobre, mentre le foglie ingiallite cadevano, la famiglia Vicentini tornava ad Aquila. L'Adamoli rimaneva a Tempera, essendo entrato a far parte, in qualitą di socio di quell'industria, che gli Strina colą avevano.
Questo accordo, davvero provvidenziale, gli procurava quell'impiego, che lo toglieva dalle preoccupazioni economiche; che legittimava, in qualche modo, di fronte alla polizia borbonica, la sua dimora nel regno di Napoli; che gli agevolava quella domanda, che egli intendeva presentare alla famiglia Strina.
Nella primavera del 1844 si celebravano ad Aquila le nozze Vicentini-Strina. In quell'occasione l'Adamoli, incoraggiato dai consigli di autorevoli amici, chiedeva ufficialmente in isposa la sua Doralice. I genitori, che avevano gią intuito quell'amore, si riservavano di dare pił tardi una risposa definitiva.
La quistione nazionale subiva, nel frattempo, un altro rinvio, anche per il doloroso episodio dei fratelli Bandiera e dei loro eroici compagni, che, nel giugno, sbarcati a Crotone per accendervi il fuoco dell'insurrezione, erano stati traditi, sopraffatti, arrestati e fucilati.
|