Umberto Adamoli
FAMIGLIE STRINA-ADAMOLI. DA COMO AD AQUILA


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     Di quel feudo, peṛ, ricevuto in legittima eredità dal consanguineo barone Scarpa, non risultando chiare le ragioni della perdita, era in atto, per il ricupero, una vertenza giudiziaria: vertenza che si disperava di condurre avanti, per le ingenti spese che richiedeva.
     Sapeva anche, nel doloroso racconto, specialmente dalle vecchie zie, accese di santo sdegno, che la perdita dei beni avveniva non molto prima, determinata dal loro padre, don Donato, nell'ostinatezza di un pericoloso giuoco d'azzardo. Una notte, quella stessa in cui esse nascevano, circuito da disonesti amici, che ricorrevano per vincere anche alla frode, perdeva una somma coś elevata da pregiudicare notevolmente il loro patrimonio.
     Con la fatale caduta dei Borboni, verso i quali i Marotta si erano sempre conservati fedeli e devotamente affezionati, era pure caduta, e per sempre, ogni loro speranza di un risorgimento.

     Questi racconti non potevano non scuotere, nell'ascoltarli, il sensibile Gelasio, il quale pensava anche che senza quelle vicende, per la sua qualità di forestiero, non sarebbe stato, forse, mai ammesso in quella casa. Casa che con le sue mura massicce munite di fortini e di feritoie, come castelli medievali, con i pavimenti di granito, con le soffitte dorate, con l'austerità che spirava da ogni cosa, da ogni oggetto, da ogni persona, stava bene a ricordare il tradizionale orgoglio, la possanza, i diritti non violabili del sangue di quella rigida antica famiglia.
     Anche lui, con un certo patriziato, poteva vantare sangue non comune, ma era sempre forestiero. Nel rimirare la gentile bellezza della donna che stava per far sua, non poteva non benedire, nel suo segreto, quel don Donato, che, con il suo cervello balzano, aveva reso possibile, nella decadenza, l'accoglimento della sua domanda.


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Umberto