Comunicava, con gioia, quell'evento a Teramo. Ma la madre non se ne commuoveva di molto, né interveniva alle nozze, celebrate, con austera semplicità, nell'estate del 1869, in quella stessa chiesa di San Lorenzo, ove era avvenuto il primo incontro.
Gli sposi, dopo il rito, spiccato il tradizionale volo, s'andavano a posare, nella loro giovinezza e felicità, su i colli profumati dell'incantevole Napoli. Dall'alto di quei colli, nel mitico Vomero, tuffavano, i loro animi, quasi smarriti, nell'azzurro del mare, che spumeggiava di sotto; nell'azzurro di quel golfo che pareva splendesse, con le delicate tinte, in una sola manifestazione di divina poesia.
Ma scendevano anche lungo l'infiorato Posillipo, alla Tomba sacra di Virgilio; ai ruderi delle città sepolte; ai tesori, che la città raccoglieva e custodiva gelosamente nei suoi musei, nei suoi segreti scrigni.
Tornavano, poi, nei doveri della vita, a Giffoni Vallepiana. Nei giorni festivi, come continuando nel sogno, si isolavano ancora andando per i poggi, per le valli folte di ulivi, di aranci, di castani. Visitavano, commossi, le contrade, che avevano ancora il nome dei Marotta; visitavano i villaggi, disseminati lungo la vallata, discendente dai monti Mai; visitavano l'antico Castello di Terravecchia, ricco di storia e di leggenda. Andavano alla casa della mamma, donna Maria Concetta Curci, a Montecorvino Rovella, grandiosa anch'essa ed antica; andavano a Castelnuovo, a San Cipriano, a Salerno, ovunque fosse ancora un ricordo della grandezza della decaduta famiglia.
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