Umberto Adamoli
L'OMBRA CHE VINCE
(Dramma in quattro atti)


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     Fortunato te che con questo delizioso latte dei vecchi, godi questo sereno cantuccio senza gli inganni, le passioni, le tristizie della città.

     GIANCARLO

     E no, amico. Sono troppo vicino alla città per non risentirne le miserie. Intesi, intesi l'altro giorno lo scampanio festoso per l'arrivo dei nuovi padroni.

     FABIO

     Scampanio festoso! E i rinnegati applaudivano gli austriaci come prima avevano applaudito gli spagnuoli, come domani applaudirebbero, in altri mutamenti, i nuovi aguzzini.

     GIANCARLO

     Quanta decadenza!

     FABIO

     Non tutte le campane, però, suonarono. Un degno sacerdote impedì che, nella stupida gazzarra, si suonassero le campane della sua chiesa.

     FABIO

     Degno sacerdote. Ma le altre persone? Almeno una volta vi erano i banditi a far tremare tutta la nostrana e forestiera canaglia.


     FABIO

     E a tenere accesa la fiamma dell'italianità e della speranza. Rammento. Rammento quando le bande capitanate da Santuccio di Froscia, da Titta Colranieri e da Giulio Montecchi incutevano rispetto e paura agli spagnuoli dominatori e ai loro servi: quelle nostre bande che andarono poi a coprirsi di gloria in difesa di Venezia, minacciata, in Dalmazia, dai turchi.

     GIANCARLO

     Vive fiammate tra tanta oscurità. E tutto oggi è aggravato dalle malattie, dai terremoti, dalla carestia. Un vero castigo di Dio. Povera gente viene qui a ritirare la crusca, per cibarsene

     FABIO

     Ma non tutti si cibano di crusca.

     GIANCARLO

     Quelli che ci governano e i loro satelliti non mangiano certo crusca, nè i falsi paladini, i sinistri demagoghi, veri sfruttatori del popolo.


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Umberto