FABIO
Vera peste.
GIANCARLO
(indicando con la mano verso destra)
Eccolo lą un campione dei nostri tempi.
(Un uomo, poveramente vestito, avanza nel giardino.)
FABIO
Uno dei tanti pezzenti.
GIANCARLO
(guardando meglio)
Non sembra.
FABIO
E chi puņ essere...
GIANCARLO
Un serparo.
FABIO
Gią, un serparo.
GIANCARLO
Altra felice genia che con i lupi mannari, i maghi, le fattucchiere e gli zingari concorrono a dare strana rinomanza alla nostra terra.
(Intanto l'uomo, misero nel fisico e nel vestito, appare da un lato della scena, con una cassetta a tracolla.)
SCENA SECONDA
SERPARO
(che si avvicina lentamente, timido)
Che san Domenico vi protegga!
GIANCARLO
Che volete che ci protegga il vostro san Domenico con tanti serpi che sono intorno!
SERPARO
(che non ha capito l'ironia)
I miei serpi, come certo sapete, con la loro morsicatura, vi potrebbero rendere, appunto, l'immunitą.
FABIO
Povero uomo!
SERPARO
Ne dubitate? Affari d'oro ho fatto questa mattina a Cavuccio. Nel decorso anno, dopo il mio passaggio, un uomo era stato morsicato da una vipera. La vipera moriva, non il mio uomo.
« A me, a me » quando mi hanno visto si gridava da ogni parte. « A me, a me ». Stanchi ne siamo usciti io i miei serpi. E san Domenico di Cocullo sia benedetto.
(Si scopre nel nominare il santo.)
Su non temete. Datemi il braccio. E' un attimo.
GIANCARLO
Schiacciar la testa, come maledizione divina, si deve al serpe, che č stato, con la donna, causa di tutti i nostri mali.
SERPARO
Ma vi dico che č un attimo...
(Mentre parla apre la cassetta. Un serpe fa capolino.)
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