Umberto Adamoli
L'OMBRA CHE VINCE
(Dramma in quattro atti)


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     GIANCARLO

     Andate, andate a portare altrove le vostre chiacchiere, il vostro inganno.

     SERPARO

     Ho capito. Non vi è fede in questa casa per i miei serpi e per il mio santo. A ogni modo che san Domenico vi protegga.

     (Rinchiude la cassetta, saluta e se ne va con evidente stanchezza.)

     FABIO

     A quanti strani mestieri Si ricorre, su questa povera terra, per vivere. Perché tanta miseria?

     GIANCARLO

     Di chi la colpa?

     FABIO

     "Della società" dicono gli uni; "del destino" dicono gli altri.

     GIANCARLO

     Per me la colpa è dell'uomo stesso, che non sa o non vuole risolvere da sè, con l'onesta operosità, i propri problemi.

     FABIO

     Non di tutti gli uomini, s'intende.

     GIANCARLO

     Certo. Vi sono gli oziosi, i parassiti, gli imbevuti d'odio, i ladri che cercano di vivere sul lavoro altrui; ma vi sono pure altri che sanno conquistarsi, nella società, con l'onesta attività, posti onorevoli.


     FABIO

     Come è il caso di Germinio, che tu conosci.

     GIANCARLO

     Esempio luminoso nell'ordine delle nobili aspirazioni e della forza della volontà.

     FABIO

     Volle e ottenne.

     GIANCARLO

     Eppure gli sciagurati guardano alla sua fortuna con bieco cupido occhio.

     FABIO

     Il bene e il male, sempre in conflitto. è quanto l'uomo s'ebbe a meritare, nelle per la sua grande disubbidienza.

     GIANCARLO

     Piano, piano. Qui l'uomo c'entra sino a un certo punto. La colpa è della donna che si fece, col pomo, ingannare dal serpente maledetto.

     FABIO

     E l'uomo, gonzo, si fece ingannare da colei che doveva essere, in un eterno godimento, nel meraviglioso giardino, la tenera sua compagna.

     GIANCARLO


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Umberto