GIANCARLO
Andate, andate a portare altrove le vostre chiacchiere, il vostro inganno.
SERPARO
Ho capito. Non vi è fede in questa casa per i miei serpi e per il mio santo. A ogni modo che san Domenico vi protegga.
(Rinchiude la cassetta, saluta e se ne va con evidente stanchezza.)
FABIO
A quanti strani mestieri Si ricorre, su questa povera terra, per vivere. Perché tanta miseria?
GIANCARLO
Di chi la colpa?
FABIO
"Della società" dicono gli uni; "del destino" dicono gli altri.
GIANCARLO
Per me la colpa è dell'uomo stesso, che non sa o non vuole risolvere da sè, con l'onesta operosità, i propri problemi.
FABIO
Non di tutti gli uomini, s'intende.
GIANCARLO
Certo. Vi sono gli oziosi, i parassiti, gli imbevuti d'odio, i ladri che cercano di vivere sul lavoro altrui; ma vi sono pure altri che sanno conquistarsi, nella società, con l'onesta attività, posti onorevoli.
FABIO
Come è il caso di Germinio, che tu conosci.
GIANCARLO
Esempio luminoso nell'ordine delle nobili aspirazioni e della forza della volontà.
FABIO
Volle e ottenne.
GIANCARLO
Eppure gli sciagurati guardano alla sua fortuna con bieco cupido occhio.
FABIO
Il bene e il male, sempre in conflitto. è quanto l'uomo s'ebbe a meritare, nelle per la sua grande disubbidienza.
GIANCARLO
Piano, piano. Qui l'uomo c'entra sino a un certo punto. La colpa è della donna che si fece, col pomo, ingannare dal serpente maledetto.
FABIO
E l'uomo, gonzo, si fece ingannare da colei che doveva essere, in un eterno godimento, nel meraviglioso giardino, la tenera sua compagna.
GIANCARLO
|