(che va commosso verso di lui, con le braccia aperte)
Figlio di Giulio? O come gli somiglia! Vieni, vieni, figliuolo.
(Lo abbraccia e teneramente lo bacia.)
NEMESIO
(che ricambia confuso e commosso l'abbraccio)
Conoscevate mio padre?
MATTEO
Ero della sua banda e fui con lui in tutti i combattimenti e nel Pretuzio e in Dalmazia.
NEMESIO
Grande ventura d'aver incontrato un compagno d'armi di mio padre.
MATTEO
Quanti nobili sentimenti infiammavano il suo animo. Amava con uguale amore famiglia e patria. Ogni mattino e ogni sera, sull'aurora e sul tramonto, dalla vetta pił alta del monte sul quale eravamo, rivolgeva il suo sguardo e il suo cuore di lą dell'Adriatico, verso la casa e la dolce terra natia.
NEMESIO
Nobile padre! Come cadde?
MATTEO
Da eroe. Si combatteva da pił giorni, senza sosta, sul monte San Salvatore, affidato alla nostra difesa. Eravamo ormai, per le perdite e per la stanchezza, agli estremi. I turchi, stanchi anch'essi, a un certo momento, si lanciarono su di noi in gran numero, con la violenza dell'uragano, che infuriava su quel monte.
Si cadeva, ci si rialzava, non si arretrava, non si cedeva, si combatteva. E il combattimento diveniva mischia, lotta individuale. I maomettani, con le scimitarre in aria bagnate di sangue, diventavano, per la nostra resistenza, sempre pił feroci. Parve, a un certo punto, che si stesse per cedere.
(Pausa)
NEMESIO
(con ansia)
E poi?
MATTEO
Ma non cedemmo. Su l'ora del tramonto, placato il cielo, lanciammo sulla strage, il grido della vittoria. Giulio Montecchi che, combattendo da leone, aveva trasfuso in noi il suo ardore eroico, giaceva tra i numerosi nemici, trascinati con se nel regno della morte.
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