Umberto Adamoli
L'OMBRA CHE VINCE
(Dramma in quattro atti)


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     A venti anni? Sulla primavera, qualunque la tempesta, la luce torna sempre calda di vita e di festa.

     CLARA

     Ma spesso questa luce non torna che a illuminare le macerie che non più si ricompongono.

     PAOLA

     Ma ragioniamo, ragioniamo, Clara. Tuo padre...

     CLARA

     (interrompendola)

     Povero padre! Anche a lui non è stata benigna la fortuna. Macchiarsi persino le mani di sangue... Anch'io, nella notte funesta, mi macchiai, per l'onore, le mani di sangue... Non si può, in taluni ricordi, tinti di rosso, non essere scossi da brividi mortali.

     PAOLA

     Non si fanno talvolta brutti sogni? Il tuo, nelle tante vicende umane, non è stato che un brutto sogno, che si deve dimenticare, tanto più che tuo padre sta per tornare; Nemesio, rientrato da Venezia, a quanto si sa, si va rasserenando sui crudele sospetto.


     CLARA

     No, no, zia. Ormai tra me e Nemesio si è scavata una voragine che nessuno mai potrà ricolmare. Il giglio, sfiorato da maligno alito, anche se non contaminato, non serba più in purezza il suo candore. Inoltre i dubbi che Nemesio non seppe nascondere sulla notte nera, renderebbero sempre freddi i nostri affetti. E poi, l'ombra che, nella tragedia, sanguina cupa nel bosco, non lascerebbe in pace la nostra esistenza.
     No, no. Questa casa, ove si raccolgono tante memorie, in cui dovevano risuonare altre voci, d'ora innanzi, nel chiuso silenzio, costituirà la mia clausura.

     PAOLA

     Resteresti qui?

     CLARA

     Sì. Non andrei a portare il mio pianto, come è consuetudine, dove, per la santità del luogo, si deve soltanto meditare, pregare, espiare.


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Umberto