SCENA PRIMA
In un salotto della stessa villa di Giancarlo. Seggono presso un tavolo e parlano Clara e la zia Paola. Pomeriggio d'un giorno d'autunno. S'ode nella campagna il canto in coro delle vendemmiatrici.
CLARA
(afflitta)
Abiteranno in modeste case, vestiranno ruvidi panni, mangeranno comuni cibi, ma quelle contadinelle che, nella gioia dello spazio, si espandono come fiori, godono appieno la serenità della vita.
PAOLA
E' vero. Ma anch'esse hanno le loro ore meste, alle quali, come legge inesorabile, nessuno sfugge, neppure gli animali. Ove è una casa, ove è un fuoco, ove palpita un cuore, ivi è tormento.
CLARA
Tormento che si alterna con la pace, come la burrasca s'alterna con la bonaccia, la tempesta con il sereno. Non è stato così per la povera mia vita. Il primo vagito coincise, dolorosamente, all'ultimo respiro della dolce madre. Non rose adornarono la mia cuna, ma crisantemi la bara affiancata, per un senso d'alta pietà, alla mia cuna ornata di nero. A me quindi non fu concesso di sentire la voce più dolce, l'ansia più affettuosa, la carezza più morbida della donna più santa. E quando parve che un raggio di sole giungesse a riscaldare questa casa fredda d'affetti, la valanga scese a gettarvi nuovo scompiglio, la sventura nuova afflizione.
PAOLA
Ma se forte è la fede, salda la volontà anche sulle distruzioni possono tornare a rigermogliare i fiori della speranza.
CLARA
Che speranza, che speranza! Non vivrò d'ora innanzi che come pallido fior di serra, in via di disfacimento.
PAOLA
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