CALA LA TELA
ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
A Venezia, in un piccolo salotto, modestamente addobbato, Nemesio e Balbina, seduti l'un di fronte all'altro, sono in conversazione.
BALBINA
(come se continuasse in un discorso)
Mio padre, appunto, era della vostra terra. Rimase a Venezia dopo la guerra contro i turchi, alla quale la sua banda prese parte in modo glorioso.
Raccontava tante cose della sua terra natia: racconti talvolta tinti d'odio, di rivolta, di sangue, tal'altra luminosi di generosità, di gentilezza, di poesia. E parlava di castelli, di spechi, di tesori nascosti in un certo bosco Martese.
NEMESIO
Molte leggende corrono su questa romantica terra e su questo bosco, rifugio di spiriti inquieti, teatro di lotte sanguinose. Funesto fu ai cartaginesi quando tentarono di passarvi, nè benigno è stato agli spagnuoli, nella loro lotta contro i pretuziani.
BALBINA
Popolo guerriero il vostro.
NEMESIO
Popolo che è fiero della sua origine, che ha ancora vivo nel sangue l'orgoglio della grandezza latina, che combatte per la libertà, ama la giustizia, non disdegna la gloria.
BALBINA
E in bellezza?
NEMESIO
L'Italia, prediletta figlia del cielo, è tutta bella. Bella è la vostra laguna, con tanti meravigliosi palazzi, con tanti insigni monumenti.
BALBINA
E da voi non ve ne sono?
NEMESIO
Da noi non vi sono che montagne, grandi però più di tutte le vostre isole; valli, ampie più di tutti i vostri canali; strade, larghe più delle vostre calli.
BALBINA
Soltanto?
NEMESIO
E la campagna con i prati, i fiori, gli alberi è tutto un giardino, un parco esteso. Un inno sale perenne al cielo da quelle valli, fresche d'acqua; da quei boschi, freschi d'ombre.
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