LUCIA - Ne siete ben degno. Mario - volete proprio partire?
STEFANO - Mi è forza di tornare nella mia terra di Polonia, calpestata, ancora una volta, dalle orde discendenti dagli unni.
SILVIA - Comprendo, Stefano, il tuo elevato sentire, ma questo ritorno è colmo di pericoli.
STEFANO - Senza dubbio. E' però sacro dovere rientrare nella propria terra per preparare, sia pure nell'ombra, il riscatto. Non può un popolo come il popolo polacco, rassegnarsi a un regime di negazione, d'inganno, di brutalità.
LUCIA - Ho avuto modo, in verità, di osservare in voi polacchi, con ammirazione, virtù civili, militari e cristiane profonde.
STEFANO - Segno di forza queste virtù innate in noi. Segno di forza lo spirito religioso, da cui siamo pure fortemente sostenuti, e non di decadimento, come dicono i negatori di Dio.
SILVIA - Ciò che ha concorso ad accendere in me quella fiamma che mi fa vivere nella più sicura fiducia nella tua parola e nella mia felicità.
STEFANO - Grazie, mia buona Silvia. La mia promessa è sacra, come sacro è il giuramento del soldato.
SILVIA - Non temo di te; temo della cortina di ferro, entro la quale vai a cacciarti.
LUCIA - Questo è il nostro timore.
STEFANO - Giustificato timore, ma quella cortina, con il nostro segreto lavorìo, sarà rosa, spezzata, frantumata. Riconquistata, con la patria, la libertà, volerò a te, Silvia, per adempiere la rosea promessa.
(Entra a questo punto, senza annunzio, Paolo. Stefano si alza per salutarlo).
SCENA SECONDA
SILVIA - (a Paolo) Domani Stefano parte.
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