OPERAIO - No. Restiamo. Il compagno Mario gli saprà rispondere.
ANDREA - (che ha inteso) Compagno degno di voi. Compagno che non ha saputo trarre esempio dal vivere del padre, il quale, da saggio operaio, non perdeva il tempo a sognare conquiste che non fossero frutto di onesto lavoro.
Troppo si abusa della vostra credulità. Il paradiso che vi si promette con impudenza non è che l'inferno, con tutte le sue sofferenze. Giungono a noi, penosamente, i lamenti, il pianto di quei popoli che vivono, privi di ogni, bene, in quel vostro paradiso.
GIUSEPPE - non è vero, non è vero.
ANDREA - Vorrei che non fosse vero. Le rivolte, però, scoppiate qua e là in quel vostro paradiso, soffocate nel sangue, avvalorano, purtroppo, le mie affermazioni.
VOCI - E' falso. E' falso.
(Mentre si parla gli operai si muovono; l'ubriaco gesticola).
GIUSEPPE - Quel che è vero, e voi non potete smentirlo, è che i ricchi abitano, nella gioia del godimento, in lussuosi palazzi; noi, nelle pene del lavoro, in miseri tuguri.
VOCI - Bravo. Questa è la verità.
ANDREA - Mario - io non sto a fare qui, amici, l'elogio dei ricchi. Io stesso vi dico che, per la sociale giustizia, i ricchi devono scendere, i poveri salire, in modo da stabilire, tra gli uni e gli altri, il giusto equilibrio: pene e godimenti, secondo gli umani decreti, per gli uni e per gli altri.
GIUSEPPE - Chiacchiere, chiacchiere che durano da secoli.
MARIO - (che è stato ad ascoltare, corrucciato) E' proprio così, compagni: chiacchiere, chiacchiere. L'avete ben capito.
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