Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     La luna spuntava, nella sua pienezza, dall'Adriatico, quando, un una casa di Mosciano, circondata da giardino, come un'intesa, s'aprì una finestra e una testa bruna di donna fece capolino. Una figura d'uomo, passando da albero a albero, vi si avvicinò.
     Le strade, fuori, erano deserte. Sin dal tramonto, alla notizia che banditi s'aggiravano nelle vicinanze, i cittadini s'erano sbarrati in casa.
     "Oh! Cinzia. Quanto ho desiderato di rivederti, quantunque la tua immagine fosse sempre viva in me, rendendomi migliore. E ti ho sognata con i sogni della notte. Nel risveglio il mio primo pensiero era per te, e ti vedevo ancora, nel dominio del sonno, in riposata dolcezza, e a te venivo nei diversi momenti del giorno. Ma il mio pensiero correva pure al felice evento della santificazione del nostro amore e fantasticavo lietamente sulla nostra futura vita.

     Parlami, ora, Cinzia, confortami con la tua voce. La mia vita è assetata di tenerezze, d'affetto."
     "Il mio stato somiglia al tuo, Giulio, come possono somigliare due fiori colmi di profumo, due canti colmi di melodie. Ti ho pensato in ogni momento, anche in chiesa, facendo per te voti. Oggi, che non si vive più in sicurezza, è necessario più che mai invocare la protezione del cielo. Non sollecitavo la tua visita, appunto, per non esporti ai tanti pericoli in atto. I banditi, che infestano la provincia, diventano sempre più minacciosi. Ero ad attenderti con grande ansia, dopo che era stata suonata la campana, per la loro presenza nella contrada. Spesso mi domando come vi possa essere nel mondo tanta brutalità. I lupi, quando correvano il territorio, erano meno temuti. Rappresentano un vero castigo di Dio questi banditi."


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Umberto