Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     "Gran brutta gente, senza dubbio, mia buona Cinzia, che va considerata, però, in ubbidienza ai cristiani insegnamenti, con grande misericordia. Sono anch'essi figli di Dio, con tutti i difetti, con tutte le virtù. Molti, senza dubbio, si saranno dati alla montagna dopo molti delitti; altri per altre ragioni. Tu, che sei donna e sei giovane, non puoi conoscere le colpe di cui si macchi il così detto consorzio civile. E poi: siamo noi liberi? Quelli della montagna sono briganti, non si può negare. Non comprendo perché non si debbano considerare briganti coloro che discesi dalle Alpi, sia pure con il segno della croce, devastano, saccheggiano, uccidono senza ragione e senza pietà. Gli uni possono valere gli altri. Ma, da un confronto sereno, ne potrebbero uscire in condizioni migliori i nostri banditi, nemici dichiarati di coloro che in nostri grandi avi chiamavano barbari.

     Anche i nostri banditi per vivere debbono commettere violenze; ma essi sono capaci, rispetto alle donne, ai vecchi, ai poveri di atti generosi. Non negano aiuto all'oppresso, amano la patria. Parliamo d'altro."
     "Parliamo d'altro. Ma vorrei che questi banditi, nonostante la tua difesa, non ci fossero."
     "Un giorno, quando leggi migliori governeranno gli uomini, non vi saranno più. Ma godiamo ora la nostra gioia."
     "Godiamo. Ma tu dove vivi? Tante volte, chiedendo notizia a Sant'Omero, me ne sono state date di vaghe, di strane."
     "Tutto è strano nel mondo, mia diletta. Vorrei però tornare a vivere in questo borgo, per poterti seguire, con l'animo piacevolmente agitato, in istrada, in chiesa, ovunque, come un tempo. Vorrei tornare qui per innalzare a te, nella notte, la mia serenata d'amore."


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Umberto