- Le verghe - dicevano - separatamente si spezzano; riunite no. -
Così sarebbe pure per voi. Uniti e disciplinati costituite una forza, che impone rispetto; separati e in conflitto, qualunque villano può prendervi e impiccarvi al primo albero. Gli spagnuoli non cercano altro per riconquistare, con un'azione vittoriosa contro di voi, il perduto prestigio.
Domani nessuno si dovrà muovere di qui, per nessuna ragione. Non udite fuori il canto della civetta? E' senza dubbio l'uccello del malaugurio; ma è anche, per chi sa intenderlo, l'uccello dei provvidenziali avvertimenti. Tornate, quindi, per questa sera, da bravi, ai vostri posti. Domani ci ritroveremo qui per le necessarie conclusioni.
Se non mi ascoltate i pali di Teramo presto potrebbero ricevere i vostri corpi; il regno infernale le vostre anime."
Il canto della civetta, la visione dei pali, lo spavento dell'inferno valsero più di qualsiasi altro argomento a restituire a quei capi un po' di calma.
Ma il giorno dopo, partito padre Fulgenzio, la discussione si riaccese più vivace di prima. I teramani, dopo un'insonne nottata, avevano mandato a Frondarola, di buon'ora, un messaggio, nel quale tra l'altro si diceva:
"Noi conosciamo la vostra sensibilità di italiani. Ragioni forse plausibili vi indussero un giorno a operare in altro settore. Le stesse ragioni vi debbono ricondurre oggi a noi.
Un pericolo grave ci sovrasta, in questo momento. I turchi, sbarcati alle foci del Tordino, si dirigono su due colonne verso Mosciano e verso Castellalto. Dopo l'infelice impresa di Valle Castellana, gli spagnuoli in questo tempo non sono in condizioni di muoversi. Nella veglia il nostro grande patrono ci ha inspirato di rivolgervi a voi, pure suoi figli. Venite. Fate che le nostre reliquie e le nostre donne non siano portate via dalla brutta gente, nemica di Dio. Venite fiduciosi, senza indugio. Domani potrebbe essere troppo tardi. Grida d'angoscia giungono dalla parte del mare."
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