Erano divenute dei banditi, non soltanto spose, ma compagne di lotta e d'avventure, e avevano con essi combattuto con la stessa bravura. Cosa avrebbe riservato ancora ad esse l'avvenire?
Cinzia non poteva rammentare l'oscura profezia dello stregone di Nepezzano, di cui le aveva parlato il suo Giulio. Qualche luce già appariva a rischiarare un po' la parte nebulosa. Ulteriori eventi ne avrebbero meglio precisati i limiti e il valore. Rimanendo sarebbero stati considerati sempre banditi, per i quali il carcere poteva alternarsi con il capestro.
Dopo Titta s'apprestava alla partenza pure il Montecchi. Volle salire, prima di muoversi, sulla montagna dei Fiori. Il sole di giugno inondava, con la luce diffusa, le fresche vallate. Dalla magnifica veduta la fantasia piegava, a mano a mano, verso i vicini e lontani ricordi. Nella mesta rassegna vedeva laggiù, sul verde pianoro, la città che gli rammentava l'adolescenza calma del seminario. Poi vedeva, adagiata sul colle, la Nepezzano del mago dove aveva sconfitto le truppe regie. Vedeva il Pennino, coperto d'alberi annosi, anche esso illuminato da altra vittoria. E correva con lo sguardo e con la mente sulla forte Civitella, sull'operosa Campli e, per ultimo, sulla gentile Mosciano, nido di sogni, che forse non avrebbe più rivista.
L'addio a quei luoghi, mentre se ne allontanava forse per sempre, gli usciva, dal segreto del pianto, come un singhiozzo.
Sante Lucidi, dopo qualche tempo e prima di muoversi, sfidando i gravi pericoli, volle rivedere i suoi cari. Scendendo dalla montagna, in una notte piovosa, bussò alla porta della sua casa di Boceto, quando tutto attorno dormiva. Riconosciuto, la porta s'aprì e vi apparirono le braccia aperte della fiera compagna.
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