Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     "Dovremmo di nuovo far fagotto. Ma non sarebbe proprio una disgrazia. Solitudine, silenzio, pace, tutte belle cose e romantiche, ma finiscono sempre, dopo il primo entusiasmo, di stancare. Tutte le fiamme, anche quelle dell'amore, a mano a mano s'attenuano, se non si spengono del tutto."
     "Lo so, lo so. Prima sospiri, spasimi, dimagrimenti, promesse di cielo; dopo si cercano cento cavilli per litigare, per tornare in terra."
     "Il fenomeno non riguarda noi. Tu non ti puoi lagnare. Volevo dire che non è stato un buon consiglio, per quel che nutro nell'animo, mettersi all'ombra dei boschi."
     "Non capisco."
     "Eh! Non capisci. Eppure tante volte ne ho parlato. Il titolo di barone sa ormai troppo di vecchiaia."
     "Ho compreso. Ti solletica la corona di marchese. L'avrai, l'avrai. La Spagna sa premiare i suoi fedeli servitori anche se vivono lontano dai rumori. Quella gente intanto cammina, avanza. Sembra che vi siano anche donne."

     "Gente pacifica allora, che dopo tanta inerzia ama sgranchirsi un poco. Possono essere pellegrini diretti a Roma."
     "Non è l'Anno Santo."
     "Ma a Roma città eterna, si va in tutti i tempi."
     "Se fossero diretti a Roma non verrebbero su questa altura."
     "E' vero. Tra poco sapremo chi sono."



     Quando la comitiva, tra l'abbaiare dei cani, comparve sul piazzale le andarono incontro.
     Cinzia e Barbara rimasero meravigliate di trovare il castello, in così breve tempo dagli eventi della distruzione, ricostruito e abitato. Molta meraviglia provarono anche quelli del Poggio nel vedere, in quella compagnia di banditi a riposo, due donne di civile aspetto. Fecero loro a ogni modo, per istinto e per educazione, lieta accoglienza.


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Umberto