Gli Adamoli, alla loro volta, sentivano di starvi meglio, con una maggiore fede in sé e nell'avvenire. Potevano provvedere, inoltre, per la vicinanza della città, ad una migliore educazione dei loro figli, che intanto crescevano robusti e vispi.
Il primo, Gelasio, molto vivace ed intelligente, contava già dodici anni. Il secondo, Luigi, piuttosto mite, non dava segno di speciali doti. Giovanni, che era il terzo, appariva il più delicato ed il più serio. L'ultimo, Aldobrando, si dimostrava, con i suoi sei anni, il più irrequieto, il più disolo. Della piccola Maria Cristina, profumato fiore di quel giardino, nulla ancora si poteva dire. Ma dagli occhi luminosi e belli, sin d'allora s'intuiva la gentilezza, la dolce bontà, che germogliava in fondo del tenero animo.
Tutto nel complesso andava bene, e non era trascorso un anno che già avvenivano nell'azienda, che prosperava, notevoli mutamenti. Per agevolare i clienti s'apriva in città un deposito di quei prodotti, che uscivano dalla fonderia. S'istituiva, impiegandovi altri operai, un laboratorio, per l'ulteriore lavorazione del rame, in modo da venderlo direttamente al pubblico, a prezzi più favorevoli.
Tutto ciò era notato e favorevolmente commentato dalla cittadinanza, che vedeva in questo laborioso, probo, onestissimo lombardo, una sicura promessa per l'avvenire industriale di Teramo.
Di molto rispetto era circondata donna Doralice, della quale i teramani conoscevano la bella storia di famiglia, e ne conoscevano il fratello, l'austero e dotto padre Emidio, che tante volte, applauditissimo, era stato a predicare, nei quaresimali, nel loro Duomo.
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