Umberto Adamoli
L'OMBRA CHE VINCE
(Dramma in quattro atti)


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     FABIO

     Se il fuoco è di paglia... A ogni modo vi è un fato, e gli antichi ben lo sapevano, contro il quale è inutile lottare.

     GIANCARLO

     Il fato?

     FABIO

     Sì, il fato. Ne riparleremo, ne riparleremo. Ora debbo andare, essendo in città aspettato. Ma tornerò presto, anche per tuffare in questo verde e in questo... come si chiama?

     GIANCARLO

     Trebbiano...

     FABIO

     Dalla purezza dell'ambra, rapito agli dei.

     GIANCARLO

     Allora un altro bicchiere. (Mesce. Bevono.)

     FABIO
     Io proprio non capisco come si debba vivere in angustia, quando con tante cose belle e buone che offre il mondo, e con questo trebbiano, si potrebbe vivere sempre in letizia.

     (Si muove per andarsene.)

     GIANCARLO

     Ti accompagno. Ho qualche faccenda da sbrigare in città.

     FABIO

     E a visitare qualche amico buontempone.


     (Intanto chiacchierando escono dalla parte di destra. Il sole va verso il tramonto. Una fantesca si presenta a togliere vino e bicchieri. S'ode ancora il canto dell'usignuolo, il gracidar di ranocchi, l'abbaiar lontano d'un cane. Dopo un giovane, sui venti quattro anni, Nemesio, avanza silenzioso, cauto, guardingo. Si ferma. Emette un lieve fischio. Poco dopo appare la giovane Clara, figlia di Giancarlo.)




     SCENA TERZA

     NEMESIO

     (che le va incontro)

     Clara!

     CLARA

     Nemesio!

     NEMESIO

     Quanto ho desiderato di rivederti, di godere quest'attimo che il tempo benigno concede a noi, in questo giardino in fiore, nella più mistica delle ore.

     CLARA

     Ora di preghiera, di poesia, di bellezza.

     NEMESIO

     Di dolcezza.

     CLARA

     Ma ho paura.
     NEMESIO
     Di che?

     CLARA

     Non so. Non sono tranquilla. Mentre tutto canta intorno a noi odo di lontano rumor di tempesta, che molto mi turba.


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Umberto