Il ramaio teramano indica spesso ai fornitori marchigiani di caldaie ed utensili le caratteristiche che deve possedere la merce ordinata: per le caldaie si raccomanda che siano «all’uso di qui non tanti aldi con fondo largo, che siano forti di fondo e i costi non tanto forti, che sia roba di buona qualità senza rotture e senza scaglie». Nonostante le sollecitazioni la merce spesso giunge con una lavorazione diversa da quella richiesta: riguardo alle caldaie, in particolare sono gli spessori del fondo e delle pareti laterali ad accendere le più animate discussioni; si aggiunga pure che spesso si riscontrano veri e propri difetti di fabbricazione, come la presenza di buchi.
Esemplare in questo senso è la lettera rivolta a Domenico Alfonsi di San Severino, presso il quale Giovanni Adamoli si rifornisce abitualmente, quando la rameria di Villa Tordinia non riesce a star dietro alle ordinazioni. Il commerciante teramano si lamenta con l'Alfonsi per essere stato servito «tutto al contrario» riguardo le caldaie ordinate (e rispetto a San Severino le caldaie teramane di piccole dimensioni vengono forgiate più basse e con un fondo più largo): «vi dicevo che dovevono essere forti assai di fondo e legieri per i costi, voi mi li avete mandato forti assai per i costi e legieri i fondi; vi dicevo da 30 a 33 chili l'uno in vece sono solo peso kg 29 poi da 34 chili fino a 36; vi dicevo senza buchi e senza scorza, invece ce un caldaio grande con una scorza profonda e due buchi cicatrizati». Il commerciante trova il modo anche di ironizzare su una di queste scorze: «a quella scorza che da tanto [agli] occhi ci si è stato messo il biglietto d'indirizzo, p[er] capirla».
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