La sera del 27 giugno 1857 una squadra di otto uomini della Gendarmeria Reale di Teramo compie un'irruzione nella taverna del Parroco Don Patrizio Spinozzi, posta sulla nuova strada rotabile che porta a Montorio, sul ponte Tordino, nei pressi della nuova Rameria di Villa Tordinia, nel territorio di Rocciano, a circa quattro chilometri dalla città di Teramo.
L'irruzione si svolge quindi in un clima di sospetto, probabilmente in seguito ad una soffiata, e dà luogo ad una minuziosa perquisizione "per rinvenirvi armi ed oggetti criminali che ivi si volevano ricettati", come si legge nel processo verbale (1) redatto dagli otto gendarmi che hanno eseguito l'operazione di polizia. La perquisizione non dà alcun esito, ma l'attenzione dei borbonici si focalizza su due ignoti avventori che destano un certo sospetto: invitati a qualificarsi e ad esibire i loro documenti, questi ne risultano sprovvisti. Sono Pietro Cantarini di Ascoli, originario dello Stato Pontificio, che lavora nella Rameria di Villa Tordinia insieme a Giuseppe Adamoli, ramaio, originario di Narro, Regno Lombardo Veneto. Anche un terzo avventore desta i sospetti dei gendarmi, tale Giuseppe Paradisi, originario di Fermo, Stato Pontificio, sfornito anch'egli di documenti. Per i tre sospetti si aprono le porte del carcere di Teramo, al fine di accertarne identità e reputazione. (*) Il contenuto di questa appendice si basa per la prima parte su un fascicolo della Polizia Borbonica del 1857 conservato presso l'Archivio di Stato di Teramo (busta 64, fascicolo 6), per la seconda parte sugli atti del processo celebratosi nel 1851 relativo ai cosiddetti "Fatti di Paganica". La ricostruzione cronologica di questo processo è stata curata da Fernando Rossi presso l'Archivio di Stato di L'Aquila (1848-1851 "I Fatti di Paganica" - Cronologia di un processo - La vera storia dei Carbonari del Circondario di Paganica). La documentazione integrale dell'istruttoria e del processo è pubblicata sul sito www.paganica.it, curato da Fernando Rossi di Paganica. |