Federico Adamoli
CRONACA DI UN RAMAIO TERAMANO


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     Giuseppe dovette forse pensare anche a quel debito di alcuni carlini che aveva lasciato quando abbandonò Tempera per giungere a Tossicia. Cosa poteva temere da quel vecchio debito? Lui non sapeva che il Cassiere comunale aveva cercato di recuperare quel credito, però infine in una deliberazione decurionale del 1847 si stabilì di stralciarlo, poiché non era proprio possibile recuperare tale somma dato che "l'Adamoli era emigrato". Con il clima che si respirava forse quel piccolo debito, dopo tanti anni, gli avrebbe potuto causare dei problemi?
     La mattina seguente Giuseppe fu condotto davanti al Commissario di Polizia Flavio Chiarini per l'interrogatorio, durante il quale egli espose con sincerità ciò che lo riguardava personalmente, sperando in una rapida soluzione del caso. Al Commissario premeva sapere soprattutto da quanto tempo mancava dal luogo d'origine ed i motivi per i quali se ne era allontanato: il ramaio lombardo riferì con la massima tranquillità che quando era ragazzo il padre Carlo lo condusse a Bologna per imparare il mestiere, e qui rimase per ben venti anni. Giuseppe volle sottolineare di essere effettivamente in possesso di un passaporto rilasciatogli da Bologna ai tempi della sua partenza verso L'Aquila, passaporto del quale non si era ricordato di fronte ai gendarmi nella taverna, nello smarrimento del momento; quel documento lo aveva lasciato in casa. In questo caso il passaporto, seppur scaduto, veniva in suo aiuto, perché in esso si stabilivano in maniera inequivocabile i suoi spostamenti, il momento del suo ingresso in Abruzzo e la sua professione di 'fonditore'. Anche la Carta di Passaggio rilasciatagli dall'Intendente di Teramo per un viaggio di lavoro a Napoli nel 1852 chiariva in modo indiscutibile la sua occupazione.


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Federico Adamoli