Intanto i due compagni di sventura avevano subito analogo interrogatorio: il suo collega Pietro Cantarini era stato scarcerato, mentre per Giuseppe Paradisi era stato disposto il rimpatrio oppure l'obbligo di corrispondere alla moglie un assegno per il sostentamento della famiglia. Costui infatti era da tempo attivamente ricercato per aver abbandonato nella miseria, a Porto di Fermo, la moglie e i suoi quattro piccoli figli. In particolare il Commissario disponeva per lui la garanzia di un mallevadore (2), tale Federico Coletta, per assicurare la corresponsione della somma di 15 carlini al mese per i figli abbandonati dal Paradisi, il quale aveva lavorato per circa tre anni a Ripattoni come befolco presso tale Vincenzo Di Alessandro, mentre ora si era messo a servire come garzone presso l'Appaltatore delle Opere Pubbliche Federico Coletta.
Giuseppe Adamoli dovette trascorrere più tranquillamente la sua seconda notte nelle carceri teramane per aver risposto sinceramente alle domande, ma si trovava sempre con l'incognita degli accertamenti che erano stati richiesti sul suo conto al Giudice di Tossicia e all'Intendente di Aquila, circa la condotta politica, morale e religiosa. Egli sapeva benissimo che nulla aveva da temere da Chiarino, dove gli fu riconosciuta prontamente "sempre lodevole condotta sotto tutti i rapporti"; però le recenti vicende giudiziarie che avevano coinvolto la famiglia a L'Aquila potevano rappresentare veramente una minaccia. (2) La malleveria è una promessa ed obbligo di rispondere dell'inadempienza altrui. |