Umberto Adamoli
L'ANGELO DEL GRAN SASSO
(Dramma storico in quattro atti)


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     FRANCESCO
     Sì, sì, ma tu hai qualche cosa che io non ho più.

     PARENZI
     Certo la mancanza della mamma è una grande sventura. Hai, però, in sua vece, Maria Luisa, la più buona delle sorelle, e Pacifica, la bontà vivente.

     FRANCESCO
     E' vero. Sono proprio queste che mi fanno vivere in letizia.

     PARENZI
     Appunto, ieri sera un altro tuo grande successo in casa Giovannetti. Sempre elegante, sempre armonioso nella declamazione. Il canto pareva che salisse come musica, da un'anima musicale. E i piccoli cuori palpitavano.

     FRANCESCO
     Ognuno raccolse ieri sera la sua parte d'alloro. Tu fosti superiore nel recitare il canto di quell'altro squisito poeta, che esalta la freschezza, la bellezza d'ogni cosa creata:
     «Monti valli antri e colli
     Pien di fior frondi ed erbe».
     Beati loro questi poeti, che sanno rendere, con tinte luminose, i misteri delle anime, le meraviglie dell'universo, la divinità del cielo.


     PARENZI
     Ieri sera mi parve, però, che la tua voce fosse velata di melanconia.

     FRANCESCO
     Può darsi. Da qualche tempo sento nel mio spirito qualche cosa di nuovo, di strano.
     L'altro giorno, andando con Maria Luisa sulla montagna sacra, la mia fantasia, più che alle boscherecce deità, andava questa volta ai santi anacoreti, che, in tempi lontani, vi vissero in penitenza e in preghiera. Anche il convento, lassù in alto, avvolto da alberi e da silenzio, mi svegliava tanti pensieri.
     Non vi erano a questo mondo soltanto città rumorose, e teatri, e gaudenti; ma vi erano pure luoghi di raccoglimento e persone che vivevano di altre idealità; di altra spirituale vita.


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Umberto