Umberto Adamoli
L'ANGELO DEL GRAN SASSO
(Dramma storico in quattro atti)


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     Per sentire meglio la povertà della vita e la grandezza del cielo occorre salire, amico, in una notte calda di stelle, in alta montagna, ad ascoltare, nel silenzio, la voce, il canto divino dell'universo.

     PARENZI
     Non ripeto quanto su questo argomento ebbi a dire. Non comprendo, a ogni modo, perché non si debba più credere alla vita, che è l'opera più viva, meravigliosa, perfetta del Creatore. Vi sono le sventure, i dolori, la cattiveria, è vero, ma ciò rientra nell'ordine universale dei contrasti inevitabili.
     La bellezza, inoltre, che tu credi di scoprire nell'infinito, fuori di noi; la musica che a te sembra che discenda con le sue melodie dalle stelle, sono invece in noi, nel nostro cuore, nella luce della nostra anima.
     Può darsi che corrisponda a un qualche alto fine l'astinenza dei religiosi che vivono chiusi nei conventi, o degli anacoreti che soffrono nelle solitarie nude caverne, ma a me sfugge il significato di questi fini, il valore di questi sacrifici.

     La religione, nostro sacro patrimonio, non deve indurre alla diserzione dal grande campo dell'umana operosità.
     Questo io comprendo, a questi principi io ubbidisco.

     FRANCESCO
     No, non è così.

     PARENZI
     Si, è così. Tu amico, nel visitare i boschi, i conventi, i romitaggi, ti sei un po' ammalato. Hai bisogno di cambiar aria. Va pure. Va, come in una cura, a vedere nuove contrade, nuova gente, nuove bellezze e torna guarito. Torna ai sogni, ai canti della giovinezza.
     Verranno, verranno pure per noi i giorni tetri dell'inverno.

     FRANCESCO


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Umberto