Umberto Adamoli
L'ANGELO DEL GRAN SASSO
(Dramma storico in quattro atti)


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     Io sono uscita dal teatro, mentre il pubblico applaudiva ancora con grande entusiasmo, per correre a darvi la notizia di un tanto trionfo.
     Che bravo, che bravo! Se ne farà certo un gran parlare. Peccato che ci lascia... Ma tornerà... Vero che tornerà presto?

     PACIFICA
     Speriamo. Sia fatta la volontà del Signore.

     CHIARA
     (uscendo)
     Ma tornerà... tornerà...

     SANTE
     (che entra poco dopo)
     Vi era più del fantastico, in questa recita, che del reale. Non era mai avvenuto a Spoleto, a memoria d'uomo, un simile avvenimento d'arte. Il nostro Checchino, nel recitare, pareva in possesso di facoltà celestiali. Lo stesso Arcivescovo, che continuamente m'esprimeva la sua ammirazione, ne era commosso. Il teatro affollato come mai, delirava.
     Prima che il sipario scendesse, quando pareva tutto concluso, all'invito fragoroso degli ascoltatori, ancora una volta, questo figliuolo, appariva sulla scena, bello come un angelo. Aveva riservato, per ultimo, uno dei canti più alti, uscito da mente umana: la sublime visione del poeta altissimo. Divino il canto, divino pareva, nella fiamma dell'estasi, il musicale dicitore.

     L'uditorio, in estasi anch'esso, era elevato alle stesse sfere della visione luminosa.
     Ben ho compreso che cosa, con quel canto, il nostro Francesco, abbia voluto dire.

     PACIFICA
     Senza dubbio, domani all'alba il nostro Checchino se ne andrà, per non più tornare. Tutto è pronto per la partenza. Ombre mistiche scenderanno tra poco, inesorabilmente, ad avvolgere la fiammata che ha illuminato il tramonto delle sue vanità terrene.


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Umberto