Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     Varia, quindi, come i monti, le valli, i boschi, il mare, la loro natura; vario il loro temperamento. Talvolta potevano essere miti, come anacoreti; tal'altra impetuosi, come selvaggi.
     Ed insorgevano, al tempo della schiavitù, contro le violenze, i soprusi della dominazione straniera. Amavano la libertà, in ossequio della quale molti non esitavano ad abbandonare la casa, gli agi, la famiglia, per vivere liberi, sulla libera montagna. E prendevano nome di banditi e ne commettevano gli atti. Ma si elevavano anche, con forti schiere e con forti gesta, alla luce dell'Epopea, alla gloria della ricordanza.
     E saranno gli "EROI DI CITELUT", con storica verità, ornata dai fiori della fantasia, ricordati in questo libro.



     CAPITOLO PRIMO

     Con la morte di Filippo IV di Spagna, avvenuta il 18 settembre del 1665, il trono passava al figlio Carlo II, appena di quattro anni, sotto la tutela della madre Maria Anna d'Austria. Dalla sua inesperienza, nelle gravi quistioni di Stato, e dalla inettitudine delle persone chiamate a coadiuvarla, non potevano non nascerne, anche a danno del vicereame di Napoli, condizioni confuse, pericolose. Ne approfittavano, per riprendere vita, gli scontenti, che mai mancano, gli ambiziosi, i ribelli, costituiti questi ultimi in bande da qualche tempo inoperose.

     Poiché il risveglio di costoro, con saccheggi e fatti di sangue, specialmente negli Abruzzi, molto preoccupava, il vicerè, marchese del Carpio, vi mandò, per la repressione, e con pieni poteri, in qualità di vicario generale, Aniello Porzio.


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Umberto