Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     Poggio Umbricchio! Terra benedetta, carezzata dalla brezza, scendente dai monti; cullata dai canti uscenti dalle foreste secolari; rallegrata, dal basso, dal mormorio delle acque fluenti verso il piano.
     Poggio Umbricchio! Punto luminoso, sorgente tra monte e monte, ricco di leggende, baciato dalla gloria.
     Poggio Umbricchio! Teatro di epopea, altare di eroismo, suscitatore di alte virtù umane e nazionali.
     Tu sarai ricordato, con commossa ammirazione, sino a quando il valore luminoso dello spirito non sarà vinto dalla fredda opaca materia, ciò che mai avverrà.
     Da tre giorni la battaglia infieriva su quel poggio, sul quale cadeva, dalla mattina alla sera, una tempesta di proiettili. Quantunque di quel castello poco rimanesse, pur nessun segno di debolezza vi mostrarono i difensori, ai quali a mano a mano venivano a mancare acqua, munizioni, viveri.

     Gli assalti, dopo il diroccamento, prodotto dalle grosse artiglierie, si susseguivano con truppe sempre fresche, con violenza sempre maggiore. Alle rovine, in ogni nuova ora, succedevano nuove rovine.
     In quella memorabile difesa le donne, che vi partecipavano, si dimostravano degne compagne delle donne di Civitella, di Cellino e della gloriosa repubblica di Senarica. Accorrevano con la parola, con l'esempio, con le armi, serene e forti, ove maggiore appariva il pericolo. Gli stessi adolescenti stavano saldi, con le armi, tra le macerie insanguinate. Pareva che tutti volessero perire con la rocca gloriosa, anziché cadere nelle mani del nemico, imbestialito dinanzi alla leggendaria resistenza. Gli stessi bambini, condotti nei sotterranei, sembravano consapevoli della grandezza dell'ora.


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Umberto