"Non temo minacce, né la morte", rispose senza paura il religioso. "Mi potete considerare, a vostro piacimento, bandito, favoreggiatore, prigioniero, ma nessun diritto avete d'insultarmi. Chi ne avrà il diritto, a suo tempo, mi giudicherà. Oggi qui voi mi dovete il rispetto imposto dalle leggi e dal mio abito, modesto nel valore materiale, ma grande nel valore morale, spirituale.
La mia presenza qui rientra nell'ordine della mia missione. Il mio posto è soprattutto dove vi sono sofferenze da lenire, ideali da sostenere, derelitti da confortare, anime da salvare.
Rispettate anche queste donne, gentili nei sentimenti, ferme nei propositi, eroiche nelle azioni.
Nel caso contrario non mancherà la storia di bollarvi col marchio d'infamia."
"Siete non poco arrogante, frate", rispose l'altro in tono vivace. "Vi diciamo, a ogni modo, che noi siamo soldati, con una precisa consegna da far rispettare, ovunque e da chiunque. Le prediche non ci interessano. Voi non siete per noi, nella nostra considerazione, che un volgare bandito, da assicurare alla giustizia. Ma non più chiacchiere. Si esca di qui e ognuno dichiari, col nome, la sua qualità."
Ebbe quel comandante un guizzo di gioia, mal repressa, quando seppe che tre delle donne erano mogli dei tre famosi capibanditi.
La sera di quello stesso giorno s'iniziò la discesa dal poggio glorioso. Quelle donne, rinchiuse nel carcere di Montorio, dovevano meditare sui casi della loro vita. La loro educazione era stata pari alle condizioni delle famiglie in cui erano nate, ma altri erano stati i sogni della loro giovinezza, altra la realtà, ma non ne erano scontente.
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