Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     Titta raccontò a Santuccio, quando lo raggiunse a san Giorgio, le vicende della lotta di Poggio Umbricchio, la condotta eroica delle loro donne, chiuse, ora, come sapevano, nel carcere di Montorio. Dovevano essere liberate, senza ritardo, a ogni costo.
     Il giorno dopo furono raggiunti dal Montecchi, che per sconcertare gli iberici aveva fatto una scorreria sino al fiume di Pescara. A Cologna aveva sbaragliata una colonna di soldati spagnuoli, dalla quale era stato attaccato, catturando, con i soldati, anche tre ufficiali.
     Buono il pegno, ma doveva essere migliorato con qualche altra forte azione. E l'occasione non tardò ad offrirsi. Ad Altavilla si festeggiava dagli spagnuoli, con il comandante in testa, la vittoria di Poggio Umbricchio. Erano, con il vino, e con il canto, nel colmo dell'esaltazione, quando il grido: - I banditi, i banditi - produsse tra essi una indicibile confusione.

     Gli uomini della montagna che, secondo il loro piano, erano giunti ad Altavilla con fulminea rapidità, messa in fuga la truppa, corsero a circondare l'edificio, entro il quale si trovavano gli ufficiali.
     "Non usiamo con voi la frase: - Non vi spaventate. - Il soldato, e voi lo sapete, non deve mai tremare", disse ad essi il Montecchi. "Vi preghiamo solo di conservare la calma per poter ragionare.
     E' capitato a voi lo stesso infortunio capitato a noi a Poggio Umbricchio, con la differenza che voi, per arrivarvi, sciupaste una montagna di proiettili e settimane di tempo; noi siamo qui giunti in pochi minuti e senza sparare un colpo.


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Umberto