Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     Avevano i nostri amici, dopo gli ultimi turbinosi eventi, molto fantasticato, con sereno spirito, sulle future imprese. Ma a mano a mano che s'avvicinava il giorno che li doveva mettere su altra via, apparivano sul loro cielo nubi prima non viste: nubi che s'allargavano, tumultuavano, prendevano forma e colore di tempesta.
     Non poteva non produrre nel loro animo forte turbamento il pensiero dell'abbandono dei luoghi in cui erano nati e cresciuti e che raccoglievano come in uno scrigno le memorie, i piccoli cari tesori della giovinezza e della vita.
     E mesto era lasciare, col suono delle acque, il fruscio delle foreste e la poesia dei silenzi, oltre alle persone amate, i propri cari monti.
     Nell'intenerimento che predispone sempre alla bontà, chiamarono il comandante e gli altri ufficiali prigionieri per dir loro:

     Noi potremmo fare a voi quel che voi avreste fatto a noi, se vostri prigionieri. Noi banditi pretuziani non lo facciamo. Questa sera, per nostra libera determinazione, vi faremo tornare a riprendere il vostro posto, nel vostro governo. Nulla vi chiediamo in contraccambio. Ognuno seguirà, bene o male, la propria vita.
     Tra non molto noi lasceremo per sempre questa terra non vostra, per voi forse ingrata, dolce invece per noi. Il duro caso vuole così e noi ci sottoponiamo rassegnati al caso. Sarà adunque in tal modo una delle condizioni messe dal vostro Torrejon per la liberazione dei nostri amici e delle nostre famiglie.
     Nulla vi chiediamo per noi. Vi preghiamo solo di volervi interessare affinché la promessa fattaci sia mantenuta."


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Umberto