Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     Salivano in contrapposto, dal basso, sulla vittoria senza gloria, i rapinatori di Spagna.



     Alcuni abitanti di Pascellata, prima che la banda di Santuccio partisse, avevano visto di notte aggirarsi una luce per il bosco Martese. Non vi avevano fatto caso. I banditi spesso vi si muovevano con grandi torci.
     Quella luce illuminava due uomini, ciascuno dei quali portava un grosso involto. A un certo punto sostarono, spensero la torcia, rimasero in ascolto. Dopo con una vanga scavarono sotto una quercia robusta una profonda buca, vi deposero due involti, la ricoprirono, vi fecero un segno di croce e se ne allontanarono.
     "Il tesoro accumulato con tanti pericoli è ormai al sicuro", disse uno di essi." Nessun occhio, neppure di gufo, era su noi. Nessuno durante la nostra assenza lo troverà. Nessuno s'arrischierà di penetrare, specialmente di notte, in questo bosco di delitti."

     "Vi potrebbe anche penetrare", rispose l'altro. "Facciamo un patto anche se lugubre. La nostra vita, per la nostra qualità, è legata a un filo. Il primo che dovesse perire, sarebbe suo dovere di venire con il suo spirito a fare buona guardia al nostro tesoro."
     "Accetto. Ora dimmi amico: da quale parte aspetti la felicità?"
     "Non certo dall'oro là nascosto. L'oro può concorrere, ma non determinare la vera felicità. E' sempre la donna, col suo amore, il suo primo attore."
     "La donna! Quale donna?"
     "La donna che si ama. Nel mio caso la donna a me promessa, bella ai miei occhi, cara al mio cuore."
     "Ritieni che sia libera questa donna?"


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Umberto