E il mistero rimase sepolto nel bosco, nella tomba e nel cuore del superstite attore.
CAPITOLO NONO
La banda si Santuccio di Froscia anch'essa s'allontanò dalle sue montagne, melanconicamente.
Addolora sempre il distacco dai luoghi dove ogni oggetto ha, come persona viva, un significato, un'attrattiva, una voce. Se i banditi vi avevano vissuto una vita di durezza, avevano pure trovato conforto nella familiarità delle valli e dei boschi; negli amici, sempre generosi di aiuti; nei parenti, sempre affettuosamente presenti nelle loro vicissitudini. Santuccio sentiva, come gli altri, che il cuore nel partire gli sanguinava.
Talvolta, dopo una crisi di mestizia, pareva che la forza gli mancasse per continuare sulla via dell'esilio. Nella brevità della vita, pensava, perché procurarsi tante volontarie afflizioni? Meglio sarebbe stato tornare indietro, per andarsi a consegnare una buona volta, con buoni patti, al Torrejon. Ma subito dopo, come svegliandosi da un brutto segno, gridava: - No, no. - Non era possibile. Mai lo straniero l'avrebbe visto in rassegnata servitù. E proseguiva di tappa in tappa, di contrada in contrada, senza alcuna molestia. Lo Stato pontificio, pur di allontanare il pericolo dei banditi, ne favoriva in tutti i modi l'esodo. I giovani ravvivavano il cammino col suono degli organini e col canto.
A Ripatransone, storica cittadina dai cinque verdi colli, ricevettero festose accoglienze. Le migliori famiglie offrirono, per la notte, la loro ospitalità. Nella conversazione seppero che pure Ripatransone aveva dovuto subire, nei secoli, dalla soldataglia straniera, infami saccheggi. Seppero che nel 1521, nel dare agli spagnuoli una buona lezione, vi si era coperta di gloria, per eroismo, donna Bianca de Tarolis, il ricordo della quale riscaldava i cuori, illuminava il luogo di vivida luce.
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