Di chi quelle prodezze? Non proseguimmo. Rientrammo in casa con quella macabra visione, quasi senza respiro, con i brividi della febbre."
"Certo: azione barbara. Però, prima di formulare un giudizio, occorrerebbe sapere le ragioni del misfatto. Anche i banditi avevano leggi inesorabili. Non perdonavano ai traditori.
Feroci! Non più degli altri. Non avete mai saputo dei tanti banditi impiccati alle porte di Teramo? Ma se sono feroci sono anche generosi. Oggi, mentre gli altri italiani gemono sotto il calcagno straniero, essi, i banditi, difendono con i soldati della repubblica veneta, in mortale lotta con i turchi, con grande valore, le nostre famiglie, la nostra religione, la romana civiltà.
Un giorno nessuno più parlerà di noi, neppure il sepolcro, destinato anch'esso a finire nel tempo come finiranno in polvere i nostri corpi. Vivi invece rimarranno i loro nomi, per le loro gesta, nel volgere dei secoli."
"Strana questa vostra difesa. Per me sono sempre quei masnadieri che brutalmente rapivano, come si racconta, a Mosciano, a Campli, a Cellino e altrove donne nobili, fiorenti di giovinezza. Non è vero, forse? I miei genitori, per sottrarsi a un tale pericolo, mi tennero chiusa per molto tempo nel convento di San Matteo di Teramo.
Essere moglie d'un bandito! Si rabbrividirebbe al solo pensarlo."
"Certamente. Voi siete felice del nostro matrimonio?"
"Felice! La felicità è sempre relativa. Ho una bella casa. Vivo in agiatezza. La domenica vado a messa, serena. La gente tra la quale passo i miei giorni mi vuol bene. Che debbo desiderare di più?"
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