Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     "Ne prendo nota. Più che gli uomini mi fanno pensare quei macigni, contro i quali, quando venissero giù, non ci si potrebbe proprio difendere. O fuggire, se ci fosse tempo, o farsi schiacciare. Fuggire, specialmente per un soldato, è la perdita della vita. Alternativa tremenda. Ma lunga è questa via. Non temete d'aggirarvi da sola per questi dirupi? Gli uomini ovunque tendono insidie."
     "Ho in mia difesa il corno, il cane, l'archibugio. Stiamo per arrivare. Ecco mio padre che ci viene incontro. Anche lui, secondo lo spirito dei tempi, è stato un po' cavaliere di ventura. Venite. Ve lo presento.
     Mio padre, Gianberardino di Ciantro, feudatario di Poggio Umbricchio, di Poggio Ramonti e di Altavilla, doge della Serenissima repubblica di Senarica. Ora dite a mio padre che siete voi."

     "Consentitemi innanzi tutto che io m'inchini dinanzi a tanto nome. Le conchiglie più sperdute nascondono le perle più luminose. E' il caso che guida a scoprirle. Il caso questa volta è stato con me benigno.
     Il mio nome? Molto modesto: Angelo Castiglione, signore e feudatario di Penne di altre non lontane contrade. Modesto il nome; ardite le aspirazioni. Luci vive fiammeggiano sulla mia via.
     Ognuno ha il dovere di spingersi sempre più avanti, sempre più in alto. O si progredisce, nella vita, o si muore. E' ciò nelle comuni leggi. Se il cielo non mi sarà sfavorevole, i miei discendenti non dovranno essere scontenti di questo loro antenato."
     "Lodo, o giovane, nel forte spirito, la vostra baldanza. Voi siete degno della vostra famiglia che io so molto antica. Anche la mia famiglia è antica. Compariva nella storia, presso a poco, quando con Berardo de Castellone, compariva la vostra. Federico II il re poeta affidava ad essa nel 1239, con Andrea, la custodia su questo poggio di prigionieri lombardi. Nel 1279 la mia famiglia era feudataria.


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Umberto