Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     Figli della laguna, non tornerete più a vivere figli sperduti e perseguitati della montagna. Le vostre famiglie verranno a vivere con voi.
     Io sono stato inviato qui non per essere vostro capo, ma soltanto per coordinare i vostri movimenti, come già in Grecia, con quelli delle truppe della repubblica.
     Siamo di nuovo minacciati dalla parte delle Alpi Dinariche. Faremo tutto il nostro dovere, sino al sacrificio, per sottrarre l'Europa da un'altra invasione degli unni. E voi sarete con noi."
     "Sino al sacrificio", rispose Santuccio e aggiunse: "spesso ci accusano di gente primitiva, ma non lo siamo. Sin dal tempo di Roma noi possedemmo una civiltà molto elevata e un carattere forte. Roma trovò in noi nemici formidabili quando ci volle dominare con la violenza e la lega italica di Corfinio lo prova; amici fedeli quando tenne con noi altra condotta e noi fornimmo, per le sue conquiste, le migliori legioni. Abbiamo però, degli uomini primitivi, l'anima semplice e siamo per natura testardi. Abbiamo detto che dove siamo noi gli infedeli non passano. Ebbene, non passeranno.

     Non diremo altro per oggi. Non possiamo però non esprimere alla Serenissima, per la fiducia riposta in noi e per l'offerta della sua cittadinanza, la nostra gratitudine. Non sappiamo se riusciremo a distaccare dalle nostre montagne la nostra anima. Il Gran Sasso, quel grande monte che costituisce il cuore della penisola, con l'imponenza, le caratteristiche, le sue bizzarre guglie pietrose ci tiene avvinti.
     Ma ciò è d'ordine secondario. Noi oggi ci consideriamo figli della laguna e per essa combatteremo con tutte le nostre forze, per la vita e per la morte. Dopo chi vivrà risolverà gli altri problemi."


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Umberto